Video di bb0707piero su Youtube
Ho letto oggi che nei giorni scorsi, la pioggia ha fatto scattatare l’allarme fiumi in tutta la Toscana e che l’Arno ha straripato e invaso alcune parti della mia Firenze provocando seri danni. Questa situazione mi ricorda quella vissuta 50 anni fa, che ho vissuto in prima persona. Secondo
Era il 4 novembre 1966, avevo appena finito gli studi e mi accingevo a tornare in Guinea. Ero in una pensione in via Cavour, dove abitavo già da diverso tempo. Quando mi sono svegliato e guardato dalla finestra, ho visto una barca che navigava verso Piazza del Duomo. La scena era talmente insolita che non ho valutato appieno quello che stava succedendo.
Inconscio del pericolo che correvo, sono uscito per andare alla Mensa Universitaria Santa Apollonia che stava a due passi. Andando verso Piazza San Marco, al primo incrocio, mi sono reso conto che ero solo per tutta la strada e che l’acqua scendeva alla mia destra come se fosse un fiume.
Ho deciso di tornare indietro, ma la corrente era diventata ancora più forte. Non so come ho fatto ad arrivare alla porta della pensione. Aggrappato al pomo della porta, ho bussato per molto tempo con tutte le mie forze prima che una voce si facesse sentire. Un uomo, il figlio più grande della proprietaria, mi ha detto che non poteva aprire perché l’acqua avrebbe invaso la pensione, che era al primo piano. Tutti i negozi erano chiusi.
Ho passato alcuni dei momenti più paurosi della mia vita. Sentendo le mie urla, la madre che mi ha sempre voluto un sacco di bene, [anche se non mi ricordo di aver mai pagato la pigione, perché studente senza borsa di studio, allora uno straniero non poteva lavorare in Italia], riconoscendomi ha detto al figlio di aprire.
Davanti alle sue resistenze, arrabbiata, lei gli ha urlato: « Anche lui è figlio a qualcuno ». L’ha costretto ad aprire la porta. La violenza della corrente era tale che mi ha proiettato contro il figlio, che se non fosse stato un uomo robusto di almeno 1,80 m come mi sembrava, sarei stato sbattuto contro le scale.
Una volta preso coscienza dei danni causati dall’alluvione, dei rischi per i tesori che dormivano da secoli nelle biblioteche e altri centri culturali, mi sono dato da fare, per aiutare a salvare documenti e libri antichi alla Biblioteca nazionale e all’Accademia dei Georgofili, che esiste dal 1757. Eravamo ragazzi provenienti da tutto il mondo. Qualcuno continua ancora oggi a chiamarci « Angeli del fango ». Il lavoro era veramente intenso. Per diversi giorni, dalle prime ore dell’alba fino a tarda notte, eravamo nella melma, senza guanti per non danneggiare i documenti scritti qualche secolo prima. Quando si riusciva a salvarne uno, sapendo che era un documento unico in tutta l’umanità, l’emozione era fortissima.
Si mangiava un panino e si soffriva di freddo. Un giorno, mentre ero intento a lavorare all’ingresso di una grandissima sala nel sottosuolo dell’Accademia dei Georgofili, è venuta una delegazione governativa ad incoraggiarci. Il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca si è si fermato davanti a me e mi ha chiesto il mio nome. Quando gli ho detto « BA », lui mi ha risposto che si chiamava « BO », pensai che fosse uno scherzo. Sono gli amici italiani che mi hanno detto che era vero che si chiamava così.
Qualche anno dopo, nel 1978, venendo da Vienna, mi sono fermato con la mia famiglia per salutare la famiglia proprietaria della pensione e pagare il debito. La signora non c’era più. I figli ci hanno ricevuto con cordialità e ci abbiamo riso sopra. Hanno rifiutato il rimborso. Erano contentissimi di vedere mia moglie e i miei figli e di sapere che ero diventato funzionario dell’ONU.
Ho provato anche una grande soddisfazione, quando il nostro secondo figlio, sposatosi, mi ha detto che un amico suo e della moglie gli aveva fatto vedere un libro edito dall’Accademia per ringraziare i volontari, in cui era inserito il mio.
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